Dodici mesi d'Arte
Dodici capolavori presentati e descritti dal
soprintendente Cristina Acidini
Torna al suo posto in sala nella Galleria degli Uffizi, dopo aver preso parte alla mostra "Bagliori dorati" appena chiusa, la tavola di Paolo Uccello con la Battaglia di San Romano.
La vera battaglia tra i Fiorentini e i Senesi, alleati con i Milanesi, ebbe luogo nel 1432. Paolo Uccello, il grande pittore appassionato della prospettiva, la rappresentò pochi anni dopo (1438) per Lionardo Bartolini Salimbeni, che aveva partecipato allo scontro presso la Torre di San Romano, dividendola in tre episodi. Le tre tavole furono poi acquistate nel 1484 da Lorenzo il Magnifico (esercitando pressioni sugli eredi di Lionardo, Damiano e Andrea) e adattate, con tagli e alterazioni, alla sua camera estiva nel palazzo di via Larga, oggi Medici Riccardi.
Due delle tre tavole, vendute in seguito, sono oggi nella National Gallery a Londra e nel Louvre a Parigi: Quella rimasta agli Uffizi rappresenta il disarcionamento del capitano dei Senesi, Bernardino Ubaldini della Ciarda, ed è firmata PAVLI VGIELI OPVS, su uno scudo in basso a sinistra.
Il lungo restauro, finanziato dello sponsor giapponese Yomiuri Shimbun, ha riportato alla massima possibile visibilità la pittura originale, che nonostante i danni subiti in passato ha ripreso profondità di campo, vivezza nel paesaggio, nitore e splendore nelle schiere di cavalli e cavalieri in primo piano.
Si è spesso paragonata la Battaglia di Paolo Uccello a una tarsia di forme nette e di colori puri, dall'effetto metafisico e addirittura onirico. Ma, visto da vicino,il quadro mostra l'impegno del pittore nel suggerire la naturalezza della scena: dal ruvido pelame dei cavalli, ai chiaroscuri delle armature una volta lucenti d'argento, al fremito delle mèssi nei campi coltivati sullo sfondo. Il sangue cola da ferite invisibili dentro le armature, sgorga dalle viscere dei cavalli abbattuti, si raggruma al suolo. Si sente il frastuono dei ferri che si scontrano, tra grida e nitriti, tra odore di polvere e di paura, in un memoriale perenne dell'orrore e della gloria della guerra.