Arte a tavola

Il Cenacolo di Ognissanti



L'episodio dell'Ultima Cena conobbe una notevole fortuna a Firenze già a partire dalla metà del XIV secolo. Al 1340 risale infatti il "Cenacolo" di Taddeo Gaddi nel refettorio dell'ex convento di Santa Croce, considerato il prototipo di tutti i successivi cenacoli fiorentini.

Il tema si presentava estremamente congeniale ai refettori dei numerosi complessi conventuali presenti in città, offrendo ai monaci ed alle monache riuniti intorno alla tavola per i collettivi pasti giornalieri l'occasione per meditare su uno degli episodi più importanti della vita di Cristo, associando il nutrimento del corpo a quello dell'anima.

Nel refettorio che una volta faceva parte del complesso conventuale d'Ognissanti, Domenico Ghirlandaio affrescò, nel 1480, una grande Ultima Cena, coniugando al sereno e pacato impianto prospettico rinascimentale il gusto per il dettaglio tipico del suo stile.

L'artista costruisce lo spazio in cui si svolge l'episodio sacro prolungando illusionisticamente l'aula del refettorio di un'ulteriore campata, il cui muro di fondo si apre all'altezza dei peducci delle arcate, lasciando intravedere al di là un rigoglioso giardino popolato di uccelli.

Gesti ed espressioni improntati ad una grande naturalezza, evocativa di una realtà domestica, caratterizzano Cristo e gli Apostoli che conversano a coppie, consumando la cena in due nel medesimo piatto o tagliere, secondo l'usanza del tempo.

Il gusto per la narrazione, spinge il pittore a vivacizzare la scena con numerosi particolari descritti con naturalistica precisione. Sopra la tavola, apparecchiata con una splendida tovaglia "alla perugina" in lino bianco, decorata con ippogrifi blu a "punto Assisi", fanno bella mostra di sé bicchieri e bottiglie in finissimo vetro trasparente, lunghi coltelli con lame affilate e manici di legno, piatti con resti di cibo: straordinari brani di natura morta attraverso la cui simbologia vengono annunciate la Morte e la Resurrezione del Messia.

Oltre al pane e al vino, corpo e sangue di Cristo, troviamo le albicocche, simbolo del peccato, la lattuga, simbolo di penitenze, le ciliegie, il cui colore rosso evoca la Passione e le arance, allusive al Paradiso.

Anche la natura partecipa al mistero eucaristico: le palme e i cipressi simboleggiano il martirio e i melograni alludono ancora una volta al sangue di Cristo; in cielo lo sparviero, simbolo del male, attacca l'anatra, emblema delle gioie celesti, a sinistra si affaccia un cardellino, simbolo della Passione, mentre sulla finestra a destra si posa un pavone, emblema dell'immortalità dell'anima che, purificata dal Peccato Originale grazie al sacrificio di Cristo, può sperare nella salvezza della vita eterna.

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